Ritorno al futuro?

Relazione al Congresso provinciale di Barbara Diolaiti, Presidente Federazione di Ferrara

“VERDI? TERZA VIA A SINISTRA”.
CONGRESSO PROVINCIALE VERDI PER LA PACE DI FERRARA.
SABATO 3 MARZO 2007

Anno 2030: “Il deserto aveva invaso ogni cosa, ogni luogo: i cactus prosperavano negli spiazzi delle stazioni di servizio, fortificate come bunker, i cespugli spinosi ricoprivano quelli che una volta erano stati giardini e prati. All’aeroporto Kennedy, centinaia di aerei di linea immobilizzati su pneumatici sgonfi, fichi d’India crescevano tra le ali di Concorde e 747 che non avevano più volato. E tutto intorno la commovente evidenza degli sforzi disperati degli ultimi americani per sconfiggere la crisi energetica. Entro quel mondo un tempo eroico di gigantesche autostrade e grattacieli, ne era esistito un altro, miserevole, di capanne munite di stufe a legna, di patetici impianti a pannelli solari fatti in casa (…) I primi minacciosi segnali del declino si erano fatti evidenti già verso la metà del ventesimo secolo. In quegli anni, scienziati e uomini politici avevano ammonito che le risorse energetiche del mondo andavano ad esaurimento. Inutile dire che queste profezie vennero ignorate.” (James G. Ballard, “Hello America”, 1981)

La New York fantasma raccontata da Ballard nel 1981 in “Hello America” può davvero essere confinata tra immagini di fantascienza? Non lo so. So però che, solo una manciata di anni fa, quasi tutti negavano l’esistenza dei cambiamenti climatici o al massimo li accettavano procrastinati nel tempo. Quindi, era la conclusione, perché preoccuparcene? Se ne faranno carico altri. Affermazioni da bar, trasferite nelle istituzioni.
Ora l’allarme è generalizzato. L’Unione Europea indica che il tempo a disposizione per invertire la tendenza è agli sgoccioli; che il costo economico, sociale e ambientale sarà elevatissimo. Tempo agli sgoccioli per cosa? Non certo per salvare il mondo naturale che può farcela benissimo da solo, come ha sempre fatto, modificandosi. Tempo agli sgoccioli per il genere umano? Ma anche questo non è vero perché il tempo è già scaduto per quella parte, la più consistente, di persone che è già morta o sta morendo per mancanza d’acqua o di cibo, per malattie invece curabili, per guerre per il controllo delle risorse naturali o naufragando con battelli diretti verso una Europa assediata. E se sopravvivono tendiamo a internarle nei Centri di Permanenza Temporanea, luoghi di detenzione e di sospensione dei diritti. Oggi a Bologna è convocata una manifestazione nazionale, alla quale abbiamo aderito, che chiede la chiusura dei CPT e l’abrogazione della legge Bossi – Fini sull’immigrazione. Siamo naturalmente con loro.
Finché l’emergenza legata alle scelte di sviluppo toccava solo il Sud del mondo, l’allarme era molto meno generalizzato. Ora che gli uragani investono in pieno inverno la Germania, che la mancanza di precipitazioni mette a rischio di desertificazione anche i paesi europei, che l’aumento dei mari già annuncia la sparizione di parti di costa, ora che le margherite sbocciano a febbraio… ora sì, ci si preoccupa. Ma non più di tanto. Non abbastanza da cambiare gli stili di vita, né da modificare il modello produttivo. L’insofferenza per i blocchi del traffico è ancora diffusa, siamo in gravissimo ritardo nell’utilizzo di fonti energetiche pulite, si continua a privilegiare la costruzione di strade alle ferrovie e la preoccupazione per l’ambiente e la salute assume spesso gli inquietanti confini della contrarietà a ciò che è “vicino a casa mia”.
Per allargare lo sguardo possiamo aspettare di avere le spalle al muro o agire ora, dal momento che c’è chi è già con le spalle al muro e nemmeno lo sa perché, per puro caso, con le spalle al muro ci è nato.
In una fase, ormai consolidata, di progressivo assottigliamento del ruolo della politica e di egemonia del mercato e della finanza non possiamo oltre tutto aggrapparci all’illusione che qualche lieve aggiustamento del sistema basti a risparmiarci: i meccanismi del capitalismo globalizzato che hanno massacrato l’ambiente e tagliato fuori due terzi della popolazione mondiale, per quale ragione, in un quadro di netta e certa riduzione delle risorse disponibili, dovrebbero rivelarsi meno feroci con noi? Il controllo delle risorse non è sufficientemente diffuso da offrire garanzie nemmeno all’intero 1° mondo.
Gli equilibri delle società sviluppate con i quali abbiamo vissuto per tanto tempo sono definitivamente mutati. L’ampiezza delle trasformazioni in corso richiede una profonda riflessione e un cambiamento delle idee, degli strumenti politici, dei luoghi, dei soggetti e delle economie in campo, cercando di saldare la frattura sociale che si è prodotta nel Paese e ricercando linee guida che tengano insieme i cittadini combattendo le divisioni e l’individualismo portati avanti, con indubbio successo sul piano culturale, dal centrodestra.

Certo, secondo noi, non aiuta che dalla fine degli anni ottanta tutto ciò che in qualche modo intralcia il libero dispiegarsi delle leggi del mercato, venga considerato anche da una parte del Centro Sinistra ostacolo alla crescita economica e quindi sbagliato.
Sulla base di questo ragionamento è entrato in crisi il concetto stesso di stato sociale, insieme ai suoi principali istituti (a cominciare dai sistemi pensionistico e sanitario); si è affermata la necessità di rendere più flessibile il lavoro, si è affermato il mito della maggiore efficienza del privato rispetto al pubblico. Si sono trasformate in s.p.a. le vecchie Municipalizzate e ne sono state vendute parti consistenti, nella convinzione che fosse, che sia, sufficiente mantenere il controllo da parte del pubblico. Spesso sufficiente non è.
I servizi pubblici locali sono il collante di una comunità.
Il benessere di una persona è legato, almeno in parte, alla quantità e alla qualità dei beni e dei servizi ai quali questa riesce ad accedere. Dipende quindi dal reddito ma anche dai beni comuni, dalla rete di rapporti, dalle forme di cooperazione sociale che una comunità mette a disposizione degli individui che la compongono. Per questo pensiamo vada investito maggiormente nei beni comuni e nei servizi pubblici locali. La riflessione non è solo se mantenere il 51% pubblico di una società ne garantisca il controllo da parte dell’Ente locale. E’ molto più complessa perché riguarda cosa pensiamo debbano essere i servizi pubblici locali, quale finalità debbano avere, se il controllo pubblico debba essere locale o meno. Noi pensiamo ad un modello di servizio pubblico a controllo locale e dove i Comitati degli utenti abbiano un ruolo più ampio. Soprattutto per l’acqua. Che l’erogazione del servizio idrico integrato finisse gestito da Hera, società a prevalenza di capitale pubblico, ma quotata in Borsa, è stata la ragione principale del nostro voto contrario alla fusione Agea – Hera. L’acqua, elemento essenziale alla vita, è il bene comune più importante e un diritto di tutti gli esseri viventi; per questo non deve entrare nel mercato e non deve essere considerata una merce. Le leggi attualmente in vigore in Italia non sono in grado di evitare forme di privatizzazione della gestione dell’acqua e poiché prevedono che ogni investimento venga coperto dalla tariffa, quindi dagli utenti, rendono in realtà ben poco significativo che ad occuparsene sia un soggetto con maggiore disponibilità economica. Siamo parte del Comitato promotore, a Ferrara costituito da 20 sigle tra associazioni, comitati, forze politiche, che sta raccogliendo le firme sulla proposta di legge di iniziativa popolare che attribuisce la proprietà e la gestione dell’acqua ad un unico soggetto; una sorta di nuova Municipalizzata controllata direttamente dai cittadini utenti per garantire la tutela della risorsa, l’accesso democratico in ogni parte del pianeta e la sua conservazione per le future generazioni. Riteniamo che, sul livello locale, L’Agenzia di Ambito stia compiendo un lavoro importante per la tutela della risorsa, siamo però preoccupati per il rischio chiusura del laboratorio analisi acqua a Pontelagoscuro: la scelta di Hera, determinata dalla riorganizzazione aziendale appunto, di mantenere soltanto un presidio non ci convince per nulla e riteniamo vada contrastata per garantire alla comunità il mantenimento degli attuali livelli di controllo e di sicurezza.

L’aziendalizzazione della Sanità è un altro dei passaggi che ha sottratto, riteniamo, qualità alla vita delle persone e, quel che è più grave, delle persone malate. E’ necessario un ripensamento globale in tema di assistenza sanitaria, una riforma delle Leggi in vigore per definire – riconfermando le linee guida della Legge 833 – un nuovo sistema pubblico che garantisca maggiormente il diritto alla salute. Occorre che la stessa Regione si ponga il problema di un ripensamento del percorso di aziendalizzazione della Sanità e avvii la modifica delle leggi sanitarie Regionali. Un sistema sanitario pubblico deve garantire maggiormente il diritto alla salute dei cittadini anche prevedendo organismi di programmazione, indirizzo, controllo e verifica da parte dei Comuni e delle Province e dell’utenza sulla gestione operata dai Direttori Generali delle Aziende Sanitarie, che oggi esercitano un vero e proprio strapotere; strumenti diversi e più trasparenti di nomina; un sistema sanitario pubblico deve secondo noi rimettere al centro la prevenzione.

Ormai è dimostrato nei fatti che quando il mercato guadagna nuovi settori (la sanità, la previdenza, i servizi sociali, l’istruzione, la cultura) aumentano le differenze e diminuisce la sicurezza sociale. I segnali sono già espliciti: un’esclusione sociale in evidente crescita che coinvolge ormai categorie sempre più vaste.
Un percorso finalizzato a restituire all’economia il suo ruolo strumentale, subordinato al benessere degli individui, e politiche sociali selettive in positivo possono contribuire a invertire la tendenza.

La cultura è, dal nostro punto di vista, parte integrante e fondamentale del welfare.
Non comprendiamo e non condividiamo l’ostinazione con la quale diverse forze politiche, anche di maggioranza, auspicano un ulteriore contenimento della spesa in questo settore. Per molti anni a Ferrara il dibattito sulla cultura ha visto contrapposte due filosofie: chi sosteneva i grandi eventi, chi invece il consolidamento della programmazione quotidiana.
Le due Giunte Sateriale hanno raggiunto il prezioso obiettivo di una maggiore razionalizzazione delle proposte: si è superata la frattura tra pochi grandi eventi e la restante programmazione. La restituzione del Castello Estense alla città è stata una scelta determinante per il futuro di Ferrara, compiuta dall’Amministrazione provinciale. Finalmente gli Enti locali, in particolare Comune di Ferrara e Provincia, hanno avviato un percorso di reale collaborazione, abbandonando, ci auguriamo definitivamente, quella competizione che non faceva bene al territorio. E’ incredibile che in questo quadro il dibattito sulla cultura in sede istituzionale possa arretrare, come abbiamo visto di recente, al livello di un confronto/scontro, come se si dovesse scegliere tra il Teatro o la sistemazione di un marciapiede. Non ci stiamo. La Cultura non è un optional, ma elemento fondamentale di civiltà e, oltretutto, uno dei motori essenziali, con il turismo, dell’economia di questo territorio. Chi vuole fermarlo o farlo funzionare a marce ridotte compie un errore strategico grave. Il 2007 sarà non solo l’Anno degli Estensi, e il programma è stato presentato proprio ieri, ma anche l’anno di avvio di Hermitage Ferrara, anche questo un risultato straordinario determinato dalla collaborazione tra Comune e Provincia. Scelte impegnative come queste necessitano non di minori risorse, ma di un aumento della spesa in questo settore, inevitabilmente, se ne si vuole sfruttare davvero le potenzialità. E’ una decisione di valore strategico perché la cultura già è, ma può esserlo molto di più, asse portante dell’economia del territorio. Non dimentichiamo, oltre tutto, che pochi settori come la cultura garantiscono un’economia davvero sostenibile e che cultura non significa “soltanto” mostre, spettacoli, concerti, editoria, ma anche Beni monumentali. Il lavoro compiuto in questi anni dall’Amministrazione per la riqualificazione di palazzi, piazze, San Cristoforo, il centro cittadino ha oggettivamente trasformato e migliorato la città. Anche questo è un settore che, in un rapporto stretto con l’Università, può far crescere una occupazione sostenibile.

Perché la politica possa realmente orientare ogni scelta verso la sostenibilità sociale e ambientale occorre però una sorta di nuovo contratto sociale. In un momento di grande crisi della rappresentanza e di vasto disconoscimento di un debito sociale reciproco, è difficile pensare che la politica possa ricostruire, rinnovare e riprogettare i luoghi su cui fondare una nuova concezione del senso di appartenenza ad una comunità. Eppure bisogna tentare. L’alternativa altrimenti è un controllo totale delle scelte da parte dell’alta finanza e l’affermazione di tendenze populistiche. Due facce della stessa autoritaria medaglia.
Meno di un anno fa, l’11 aprile 2006, festeggiammo tutti assieme in Sala Estense la vittoria dell’Unione, del Presidente Prodi. La vittoria, sottolineammo noi Verdi in quell’occasione, era dei cittadini e solo loro perché avevano dato fiducia al Centro Sinistra nonostante la qualità delle liste presentate dai partiti che hanno utilizzato fino in fondo la legge elettorale votata solo dal Centro Destra, ma usata appunto a piene mani da tutti, a partire dai vertici del nostro stesso partito. Con esiti a noi ferraresi particolarmente noti. Non possiamo, come Centro Sinistra, permetterci alcun errore, sostenemmo un anno fa, è l’ultima possibilità. Siamo, come tutti, molto preoccupati, e lo siamo già dall’avvio del confronto sulla Finanziaria.
Sapevamo tutti che dopo cinque anni di scellerato Governo Berlusconi sarebbero stati necessari sacrifici da parte di tutti, Enti Locali compresi. Per questo non abbiamo condiviso gli attacchi in alcuni casi furibondi di tanti rappresentanti del centro sinistra alla Finanziaria Prodi e i giudizi ingenerosi sulla qualità del confronto tra Governo ed Enti Locali. Giudizi ingenerosi almeno tanto quanto quelli espressi poi dai sindacati sul Bilancio del Comune di Ferrara. E’ particolarmente difficile tentare di ricostruire il senso di appartenenza ad una comunità quando anche da settori così importanti la tassazione viene considerata una sorta di gabella di natura medievale e ciò che si fa con quelle tasse – nel caso specifico interventi di carattere sociale e di sostegno all’economia – passa in secondo piano. Tuttavia anche questo è un segnale di quanto sia profonda la frattura.

Pensiamo che abbiano ragione il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio nell’individuare in una nuova legge elettorale la priorità politico programmatica. Perché occorre una legge che, prima di tutto, restituisca sovranità alle elettrici e agli elettori contribuendo così ad avviare un percorso per saldare la frattura tra politica e società. I provvedimenti per ridurre, senza demagogie ma anche senza indulgenze, i costi della politica sono un altro passaggio fondamentale di questo percorso, a tutti i livelli, così come le scelte per rendere trasparenti i meccanismi della politica. La coalizione provinciale di Centro Sinistra ha avviato un percorso che dovrà portarci in tempi brevi a dare risposte concrete a queste esigenze. Un lavoro sulla trasparenza, difficile, che non deve però interrompersi. Le nostre proposte sono già state rese pubbliche, ma voglio sinteticamente riproporle: riduzione del numero di componenti i cda delle società e delle aziende e dei compensi degli stessi; possibilità per tutti di concorrere a farne parte; scelte pubblicamente motivate e pubblicità dei curriculum.

Dunque, sovranità ai cittadini elettori, riduzione dei costi della politica e trasparenza sulle scelte. Accanto a questi compiti per le istituzioni ve ne è un altro, essenziale: mantenere gli impegni presi con i cittadini. Gli impegni contenuti nei programmi elettorali, gli impegni approvati dalle maggioranze nei Consigli, gli impegni sottoscritti con i diversi soggetti sociali ed economici.
Per ricostruire, rinnovare e riprogettare i luoghi su cui fondare una nuova concezione del senso di appartenenza ad una comunità, la politica deve fare i conti con se stessa. Perché altrimenti a quei luoghi si fatica a credere, li si guarda con diffidenza, spesso vivendoli, e con loro le istituzioni, come altro da sé.

Le Agende 21 locali, esperienza avviata in molti Enti Locali della nostra regione, nel Comune e nella Provincia di Ferrara hanno svolto un ruolo importante, soprattutto come veicolo di informazione e come strumento di crescita della richiesta di partecipazione.
Tuttavia restano almeno due nodi irrisolti: come garantire la piena realizzazione dei Piani d’azione elaborati dai gruppi di lavoro e quali contrappesi utilizzare per evitare che i poteri forti abbiano semplicemente un luogo aggiuntivo nel quale veicolare scelte assunte altrove. Mi spiego meglio: Agenda 21 mette sullo stesso piano tutti i soggetti che vi partecipano, qualunque peso effettivo abbiano nella comunità. L’idea di partenza è: siamo tutti parte della comunità, confrontiamoci e troviamo soluzioni possibili. E’ abbastanza comprensibile che lo strumento non sia risultato estremamente gradito alle associazioni storiche, abituate ad essere interlocutore privilegiato delle istituzioni su di una serie di temi. Il problema è reale anche perché ad Agenda 21 non hanno scelto di partecipare tutti coloro che contribuiscono a determinare le scelte relative al territorio; diversi soggetti hanno continuato, legittimamente, ad agire in altri luoghi e a confrontarsi attraverso altri canali. Una riflessione sullo strumento non a caso è già stata aperta proprio all’interno di Agenda 21.
La possibilità reale di partecipazione passa attraverso l’adeguamento degli strumenti esistenti e l’attivazioni di nuovi. L’esperienza appena avviata, la prima in Italia, di Consulta e Consiglio degli immigrati è un passaggio di grande importanza per garantire diritti e partecipazioni a chi qui vive, lavora, studia pur senza avere la cittadinanza italiana; passaggio che però non deve farci perdere di vista l’obiettivo principale: il diritto di voto attivo e passivo alle elezioni amministrative. Fin dall’inizio di questa legislatura presentammo una proposta di modifica allo Statuto del Comune di Ferrara per prevederlo almeno a livello circoscrizionale. L’attesa della legge nazionale più volte annunciata deve ora essere attiva e anche la modifica degli Statuti dei Comuni può rappresentare uno strumento di pressione politica.
Il tema dei diritti civili è a noi da sempre particolarmente caro. In quest’ambito rientrano le campagne per l’abrogazione della legge Fini – Giovanardi sulle sostanze stupefacenti, per la legalizzazione delle droghe leggere, per l’utilizzo a fini terapeutici della canapa; di quest’ambito è parte la proposta legislativa dei Dico che certo avremmo voluto più coraggiosa, più coerente con il processo culturale giunto a maturazione nel paese e con i privilegi di cui già godono i parlamentari.
All’inizio della legislatura presentammo anche, nei Consigli Comunale e Provinciale di Ferrara, una proposta per introdurre la figura del Garante dei detenuti, istituto già presente in numerosi territori. L’avvio di un lungo e accidentato percorso, positivamente segnato dal rilancio della proposta da parte di altre forze politiche, in particolare di Radicali e Rifondazione, e soprattutto determinato dall’impegno e dalla volontà politica del Sindaco di Ferrara, ha condotto entrambi i Consigli a dare mandato alle due Giunte di produrre una proposta deliberativa. Auspichiamo che entro questa estate la figura del Garante dei diritti dei detenuti venga dunque istituita. E’, riteniamo, un tassello che aiuta ad aumentare il grado di civiltà della nostra comunità.

Da settimane, con regolarità svizzera, leggiamo interventi polemici nei confronti del Sindaco di Ferrara e della Giunta. Nella maggior parte dei casi appaiono interventi sofferti di chi “tanto ha fatto” per far maturare il cambiamento e che ora patisce i tempi lenti che si vanno profilando; altri appaiono sarcastici quasi a dire che quando andava peggio era assai meglio; altri infine rimpiangono in modo palese i bei tempi andati. L’impressione è che ci siano malumori diffusi da parte di un ambiente al di sotto di ogni sospetto.

Scrivemmo questo nel 1999. Potremmo scriverlo oggi. Certo, non ci sono tutti i protagonisti di allora, tutti i fustigatori di Sateriale. Quello trasformatosi in broker dopo il fallimento nel 2004 della sua lista “Ferrara Viva Viva Ferrara” è in fuga dopo aver lasciato un buco di 2 forse 3 milioni di euro sulle spalle di amici, parenti e conoscenti; l’altro, che già alla prima seduta di Consiglio nel 1999 tentò di tramare assieme al futuro broker con la Destra per sfiduciare il Sindaco, sembra aver deciso di dedicare le sue forze al Governo nazionale con i preziosi risultati che conosciamo, salvo poi invocare a gran voce un dibattito pubblico su quell’episodio… per “trasparenza”. Qualche volta il tempo è davvero galantuomo. Ma i conti tornano comunque perché i protagonisti mancanti sono stati velocemente rimpiazzati e gli altri, quelli rimasti in questi anni in attesa attiva, non hanno tardato a dare man forte ai nuovi. Al nuovo arrivato. Così riparte il lamento costruttivo sulla Giunta Comunale, sui ritardi, sull’incapacità politico – caratteriale del Sindaco di confrontarsi con il mondo imprenditoriale e con, naturalmente, i cittadini che tengono alla salute e all’ambiente.
Non sottovalutiamo quello che sta accadendo: il saldarsi di esigenze solo apparentemente contrapposte.
Il percorso verso il partito democratico di Ds e Margherita, l’avvio – secondo noi assolutamente prematuro – del confronto sulla stampa su chi sarà il prossimo Sindaco, sono elementi che hanno semplicemente facilitato il riemergere di ciò che mai era sparito. Dal 1999 non vi è stato un solo istante di tregua e non stupisce.
Se pure da noi non condiviso nemmeno allora (proprio per quello uscimmo con il documento che citavo prima, per altro pochissimo apprezzato, e minimizzo, dai più), il tentativo, comprensibile, di affermare che la Giunta Sateriale agiva “in continuità con il passato” ha rinviato troppo a lungo il confronto sui nodi reali di metodo e di contenuto del passato e nemmeno è bastato a portare pace perché la realtà era altra: molto era cambiato dal primo istante. Negarlo fino all’estate del 2005, fino all’avvio del confronto sul caso Costruttori, ha significato rendere sostanzialmente incomprensibile ai più ciò che stava accadendo. Così si è rischiato di vedere ridotta la politica locale al livello, di volta in volta, di faida o di scambio e così si è di fatto lasciato che Sindaco e Giunte assumessero su di sé l’intero peso di scelte sbagliate compiute da altri: Ospedale a Cona, Palazzo degli Specchi, PRG basato sullo sviluppo ad Est. Intero peso. Che significa impegno diffuso da parte di molti a far sì che la città dimenticasse che non erano scelte delle nuove Giunte e impegno ugualmente diffuso a minimizzare i percorsi di riduzione del danno finalizzati appunto a rendere più lieve il danno derivante da scelte sbagliate. Impegno diffuso anche a sbiadire i contorni di tutto il resto che si è fatto e che si sta facendo. Dirlo ora, 6 anni più tardi, è comunque giusto, assolutamente giusto, ma non si può pretendere che venga capito immediatamente. Bisognerà continuare, nella consapevolezza che, tutti assieme, abbiamo compiuto la scelta giusta e che bisogna però andare avanti fermando i tentativi di chi vuole riportare indietro l’orologio a quella stagione di scelte assunte, quelle sì senza confronto con la città, sotto gli ombrelloni dei Lidi.
La questione, allora come oggi, è molto seria e certamente strategica perché riguarda le scelte di governo del territorio, quale sviluppo vogliamo. Le diverse opzioni possono infatti articolarsi in passaggi pesanti: il tentativo in corso, alle spalle della Regione e della Provincia di Ferrara, di convincere i Comuni attorno a Porto Tolle (del Veneto e dell’Emilia Romagna) a barattare salute e ambiente accettando denaro da Enel per smetterla di osteggiare la riconversione a carbone della centrale che, invece, lo ribadiamo, andrebbe chiusa al più presto. E’ solo uno degli esempi possibili. Il fatto che il rinnovamento nei metodi e nei contenuti fatica un po’ a partire in molte zone del territorio, soprattutto nel basso ferrarese, è un secondo esempio. L’evidente muro che il trasversale “partito del mattone”, sta costruendo attorno alla bozza di PSC di Ferrara perché non venga approvato. E’ un terzo esempio. La difficoltà a introdurre nei Regolamenti Edilizi norme rigide sul risparmio energetico e le fonti rinnovabili. E’ un quarto esempio.

Il Libro Verde della Commissione Europea del giugno 2005 indica nel risparmio energetico il mezzo più rapido, efficace ed efficiente in termini di costi per ridurre le emissioni di gas serra e per migliorare la qualità dell’aria.
L’Italia è in preoccupante ritardo sia nell’avvio di misure per il risparmio energetico, sia nell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili (soltanto il 4,6% della produzione totale di energia). In tutte le proiezioni le fonti rinnovabili potrebbero arrivare a soddisfare il 20% d’elettricità mondiale al 2020, e il 50% di energia primaria nel 2050. Perché ciò possa accadere occorre garantire i fondi per la ricerca, l’innovazione tecnologica e la sua applicazione commerciale.
Il decreto interministeriale sull’Energia, appena approvato dal Governo rappresenta un passaggio fondamentale per invertire la rotta e dare finalmente a questo Paese la possibilità di superare il ritardo in tema di energia e di ambiente.
E’ però indispensabile che le Amministrazioni Locali si dotino da subito di strumenti strutturali per garantire l’applicazione del Decreto a livello locale: Piani energetici basati sul risparmio e sulle fonti rinnovabili, Uffici Energia efficienti, Regolamenti Urbanistici – Edilizi che raccolgano e rilancino la cultura e le opportunità concrete contenute nel “Conto Energia” e nel Piano Energetico Regionale della Regione Emilia Romagna su cui è avviato il confronto.
Occorre allo stesso tempo mantenere grande attenzione sulle ipotesi di centrali a biomasse. L’esperienza della centrale di Bando dimostra che impianti di questo tipo possono con grande facilità funzionare da inceneritori vanificando così lo stesso Piano provinciale Rifiuti e il principio di autosufficienza che esso prevede, poiché l’approvvigionamento del combustibile in sede locale è praticamente impossibile e la legislazione italiana ancora consente l’utilizzo di biostabilizzato, cioè di rifiuti. Per questo abbiamo espresso contrarietà alle numerose centrali a biomasse proposte nel corso dell’ultimo anno sul territorio provinciale, in gran parte collegate alle ipotesi di riconversione degli zuccherifici, e nel ravennate,

In questi anni, mentre tanti discutevano esclusivamente di turbogas sì turbogas no, noi Verdi abbiamo continuato a insistere sulla necessità di adottare misure complessive per il risparmio, l’efficienza e l’utilizzo di fonti alternative, coerentemente con il protocollo di Kyoto che impegna infatti ad agire su più fronti (complementari) contemporaneamente: risparmio, efficienza, utilizzo di fonti pulite.
L’efficienza la si ottiene sostituendo vecchie centrali con impianti a turbine a gas a ciclo combinato per ridurre gli sprechi e recuperare calore.
La centrale in costruzione all’interno del Polo Chimico di Ferrara è, appunto, a turbina a gas a ciclo combinato, sostituirà le due vecchie centrali attualmente in funzione, che verranno chiuse, ridurrà gli sprechi, recupererà calore, cederà vapore alla rete di teleriscaldamento e dovrà produrre una diminuzione di emissioni di inquinanti rispetto alle attuali. Per questo siamo favorevoli. Non va inoltre dimenticato, a proposito del fatto che la domanda di energia del territorio provinciale è minore di quella che verrà prodotta dalla centrale, che le diverse riconversioni degli impianti previste dal Piano Regionale (del quale la centrale di Ferrara è parte) consentiranno di eliminare quasi completamente l’attuale deficit energetico della nostra regione. Quindi non si tratta di produrre più energia di quella necessaria a casa nostra, ma di contribuire a rendere autonoma la regione, all’interno di un quadro globale.
E’ chiaro che per noi Verdi sarebbe stato infinitamente più semplice in questi anni schierarci contro la centrale, al fianco delle associazioni ambientaliste storiche e dei tanti comitati nati invece proprio contro la turbogas. Avremmo potuto farlo subito o cambiare idea dopo un po’ o anche un bel po’ dopo, come altri hanno fatto. Ma da parte nostra sarebbe stato puro opportunismo.
Siamo davvero profondamente convinti che l’impianto sia coerente con Kyoto e che tutti gli interventi che concorrono ad attuare quel fondamentale protocollo vadano attuati.

Tutti significa appunto, lo diciamo alle associazioni ambientaliste, anche la centrale a turbogas in costruzione a Ferrara. Tutti però significa, lo diciamo alle istituzioni, soprattutto le azioni per il risparmio energetico e l’utilizzo di fonti pulite.

L’aspetto peggiore – al quale tutti, chi più chi meno, abbiamo concorso e al quale ritengo abbia anche pesantemente contribuito la cornice politica generale richiamata in precedenza – l’aspetto peggiore, dicevo, di questa vicenda è stato determinato troppo a lungo da un sostanziale assolutismo: o con noi o contro di noi; se resta la centrale nessun altra battaglia per l’ambiente ha senso; se non si è d’accordo ci si parla solo sui giornali. Ad aprire un prezioso spiraglio di dialogo non è stato l’esito del referendum autogestito, (del quale abbiamo già detto cosa pensiamo, pur rispettando la scelta di tanti cittadini e delle associazioni che non l’hanno promosso, ma che coerentemente con quanto hanno sempre sostenuto vi hanno partecipato), non è stata però quella consultazione ad aprire uno spiraglio, ma la campagna per l’acqua pubblica che abbiamo deciso, scelto, di condurre tutti assieme, nonostante tutto. Nonostante posizioni che sono e restano diverse sulla realizzazione della turbogas e il potenziamento dell’inceneritore.

Non so se sarà possibile oltre che sull’acqua individuare proposte comuni sulla riqualificazione del Polo Chimico. Lo spero, perché siamo anche noi convinti, e proprio per questo appoggiammo il 1° Accordo di programma, che occorra avviare ogni azione utile per migliorare radicalmente la sicurezza ambientale degli impianti esistenti e per facilitare l’insediamento di nuove, diverse produzioni, possibilmente collegate, noi riteniamo, proprio alla filiera delle fonti energetiche rinnovabili. Il nuovo Accordo sul Polo Chimico è in via di definizione. E’ un Accordo, come il precedente, tra le istituzioni, le imprese e i sindacati perché sono questi tre soggetti che si impegnano a realizzare i diversi interventi. Non v’è dubbio però che riguardi l’intera città perché il Polo chimico riguarda l’intera città. La comunità deve non solo essere messa nella condizioni di conoscere quell’accordo e di verificarne poi lo stato di attuazione, ma anche di esprimere un giudizio, di discuterlo prima che venga firmato. Le associazioni ambientaliste hanno chiesto di poterlo discutere; le due Amministrazioni principali coinvolte, Comune e Provincia, hanno sempre mostrato disponibilità in questo senso. Auspichiamo dunque che sul nuovo Accordo di Programma per il Polo Chimico si scelga la strada di un confronto ampio con tutta la comunità. Può essere un’occasione importante per tutti, proprio nell’ottica dell’attuazione dell’accordo di Kyoto.

Gli impegni per la diminuzione del 20% di tutte le emissioni inquinanti entro il 2012, contenuti nel Piano per il Risanamento dell’Aria sono importanti, ma noi continuiamo ad insistere sulla necessità di agire contemporaneamente sul risparmio energetico e sulle fonti rinnovabili.
In questi anni diversi risultati sono stati raggiunti.
La Provincia di Ferrara, che dal 2003 ha aperto lo sportello Ecoidea per fornire informazioni e assistenza a tutti i cittadini sulle tematiche ambientali e, in particolare, sul risparmio energetico ed idrico, ha quasi completato, attraverso un percorso partecipato, l’elaborazione del Piano energetico provinciale. Ancora non abbiamo, invece, il nuovo Piano energetico del Comune di Ferrara, Piano che stiamo sollecitando dall’inizio di questa legislatura, sul quale vi è però un recente impegno da parte del Comune.
Alcuni importanti interventi relativi all’utilizzo delle fonti rinnovabili sono comunque stati avviati, a partire dall’estensione della rete geotermica.
Non ne sottovalutiamo il valore, ma nemmeno il fatto che, ad ogni Bilancio, ci vediamo costretti a proporre modifiche per anticipare o potenziare azioni relative al risparmio energetico e/o alle energie alternative.
Non è dunque un tema sul quale vi sia ancora una sensibilità diffusa, il che è abbastanza sconcertante dal momento che quello del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili è, per altro, un altro settore nel quale può crescere moltissimo l’occupazione.

Va detto che il Governo precedente nulla ha fatto per orientare la politica energetica nazionale al rispetto degli accordi di Kyoto e questo in qualche modo poteva anche offrire spiegazione dei ritardi degli Enti Locali, ora però non possono esserci più giustificazioni.
Le risorse e gli incentivi messi a disposizione dal Governo Prodi possono e devono far mutare rotta, ma perché sia possibile sfruttarli appieno occorre che il Comune di Ferrara, così come gli altri Comuni del territorio, compia subito alcune scelte di fondo: potenziare il proprio Ufficio Energia affinché sia in grado di elaborare un Piano Energetico Comunale operativo; determinare con chiarezza i referenti in Giunta su questa materia; avviare una seria revisione dei propri contratti di servizio sull’energia; organizzare campagne sul risparmio; concordare con gli ordini professionali e le associazioni di categorie percorsi di formazione e aggiornamento; collegare in modo organico, attraverso il nuovo Regolamento Urbanistico ed Edilizio, il Piano Energetico Comunale con il nuovo Piano Strutturale del Comune, prevedendo per ogni nuova edificazione l’utilizzo di energie alternative e introducendo una norma (già in atto in molti Paesi Europei e in Trentino Alto – Adige) in base alla quale le concessioni edilizie per nuove costruzioni vengono rilasciate solo con certificazione di un consumo energetico non superiore ai 90 kw per metro quadro. In questo senso è inoltre necessaria un’elaborazione da parte degli uffici comunali preposti, in modo da facilitare l’installazione di pannelli solari anche nel centro cittadino, nel pieno rispetto della qualità urbanistica e della delicatezza monumentale della parte storica della città, ad esempio proponendo ai cittadini soluzioni per l’installazione di pannelli in sostituzione di lucernai esistenti o delle (tante) tettoie da riqualificare.
Di recente il Comune di Ferrara ha deliberato modifiche al Regolamento Edilizio che prevedono per le nuove costruzioni e le ristrutturazioni parametri di riferimento un po’ più rigidi di quelli indicati dalle attuali normative, l’obbligo di certificazione dei consumi energetici degli edifici, incentivi per nuove costruzione a basso consumo energetico, eliminazione della DIA sull’installazione di pannelli solari per le abitazioni. Passi importanti, ma ancora non basta.
In attesa del Piano Energetico Comunale e del nuovo Regolamento Urbanistico Edilizio, occorre almeno elaborare un protocollo che impegni da subito il Comune e gli altri soggetti pubblici, in relazione agli edifici pubblici di nuova costruzione e alle ristrutturazione, a non superare i 90 kw per metro quadro di consumo energetico, ad introdurre ovunque sia possibile l’installazione di pannelli solari e sistemi che garantiscano il risparmio idrico.

E’ noto che l’influenza della componente urbana del traffico sulla qualità dell’aria è prevalente rispetto gli altri fattori inquinanti. In Italia il 40% dei consumi di energia nel settore dei trasporti è dovuta alla mobilità urbana. Ridurre l’inquinamento urbano richiede diversi interventi su piani differenti ma con un unico obiettivo: diminuire il traffico privato a motore. Occorre dunque insistere su un’organizzazione del traffico che disincentivi l’uso del mezzo privato e privilegi la bicicletta ed il trasporto pubblico.
Quest’ultimo, infatti, può e deve contribuire in modo determinante a disincentivare l’utilizzo dei mezzi privati e può raggiungere questo obiettivo adeguando percorsi, frequenze e costi dei mezzi pubblici alle esigenze dei loro maggiori fruitori. Le difficoltà della nostra Azienda di trasporto pubblico sono note. Il percorso di risanamento avviato negli ultimi anni sta dando alcuni risultati significativi così come la scelta, in via di perfezionamento, delle nuove linee urbane. E’ chiaro, però, che occorre costruire una prospettiva strategica per l’Azienda di trasporto pubblico locale al fine di garantire che un comparto così importante per utenti e lavoratori non finisca privatizzato. Il percorso scelto dalle Amministrazioni negli ultimi due anni prevede l’integrazione tra le due Aziende pubbliche di Ferrara e Bologna: ACFT e ATC. Il processo è appena iniziato. Nel frattempo è compito delle Amministrazioni coinvolte mettere a disposizione le risorse necessarie per adeguare maggiormente le città al rilancio del trasporto pubblico attraverso la realizzazione di tutti i progetti pensati per migliorare la velocità commerciale dei mezzi (corsie preferenziali, semafori intelligenti) e offrire maggiori servizi ai cittadini anche attraverso una progettualità innovativa, a partire dal car sharing, che consenta di intercettare le risorse economiche del Governo e di potenziare la collaborazione tra i principali soggetti: Comune di Ferrara, Provincia, ACFT, AMI che ha per altro finalmente varato l’importante strumento del Comitato degli Utenti.

Oggi è evidente più che mai che occorre misurarsi con il concetto di limite. Il “concetto di limite” allo sfruttamento delle risorse, se è valido a livello planetario, a maggior ragione deve valere a livello locale. Il nostro territorio è limitato e non infinito e una politica di sviluppo non può essere perseguita come se la potenzialità territoriale fosse illimitata.
Quando vediamo Comuni che continuano a prevedere ampliamenti di aree produttive al confine con il Parco del Delta del Po o associazioni di Sindaci che continuano a sostenere per la E55 un tracciato che trancia in due il Mezzano, una delle aree ambientalmente più preziose d’Europa, abbiamo l’impressione che anche il concetto di limite delle risorse non sia poi tanto diffuso, così come la consapevolezza del valore della tutela della biodiversità, degli ecosistemi, del paesaggio.
Alcuni dei Piani strutturali comunali o intercomunali in via di definizione si pongono invece il problema del risparmio di territorio e tentano soluzioni. Quando, come nel caso del PSC di Ferrara, che comunque dal nostro punto di vista prevede ancora troppi volumi, si assegna con lungimiranza priorità alla riqualificazione dell’esistente e all’ampliamento dei corridoi di verde, ecco che, come dicevo in precedenza, il percorso verso l’approvazione viene con ogni evidenza osteggiato. Eppure è questa la direzione nella quale occorre andare se si vuole governare il territorio e non massacrarlo, se si vogliono offrire risposte ai cittadini che chiedono, soprattutto, una migliore qualità della vita. Va in questa direzione anche la scelta di giungere, speriamo in tempi brevi, all’approvazione di un Regolamento sulle antenne, con la consapevolezza dei limiti delle leggi attuali, ma anche nella convinzione che i Comuni debbano, per quanto di loro competenza, svolgere un ruolo e garantire che possano svolgerlo anche i cittadini.

Difesa del territorio significa anche mantenimento delle aree agricole e sostegno all’agricoltura il cui ruolo deve essere prioritario per l’economia della nostra provincia. Dunque sarebbero opportuni incentivi per favorire il ricambio generazionale e per potenziare le aziende agricole nelle zone per-urbane. L’agricoltura biologica e ogm free ha avuto negli ultimi anni un notevole incremento, grazie pure alla presenza a livello istituzionale dei Verdi. Ormai il biologico non è più un fenomeno di nicchia, risponde all’esigenza, sempre più diffusa di poter contare su alimenti sani ed ha conquistato un proprio spazio anche nella grande distribuzione e nella refezione scolastica. I Comuni di Argenta, Ferrara e Codigoro hanno già compiuto questa scelta. Ora è opportuno investire sempre più nella filiera corta del biologico, nei gruppi d’acquisto, nei marchi territoriali.

Il governo del territorio coinvolge, naturalmente, un altro tema caldo: quello dei rifiuti.
La gestione dei rifiuti è una delle grandi emergenze del Paese, uno dei settori dove è più attiva la criminalità organizzata. Interessi rilevanti sono stabilmente in gioco.
Il nostro Piano provinciale dei rifiuti è basato sull’autosufficienza e ha l’obiettivo primario di attivare un percorso mirato alla riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti. E’ costruito su tre priorità: il reimpiego, il riciclaggio con un obbligo minimo di 40% di raccolta differenziata; il recupero del contenuto energetico dei rifiuti; l’avvio a smaltimento delle frazioni residue in condizioni di sicurezza per la salute e l’ambiente.
Il Piano prevede il potenziamento, ma non la triplicazione, dell’inceneritore di Ferrara. Impossibile, altrimenti, chiudere, come il Piano prevede, gran parte delle discariche e questa, invece, è la priorità in un territorio come il nostro.
Non so, francamente, come si possa sostenere che Ferrara è votata all’incenerimento e non alla raccolta differenziata: è la stessa indagine di Legambiente a collocarci al 7° posto tra le città che in Italia riciclano maggiormente, 1° tra quelle con più di 100.000 abitanti. Questo non significa naturalmente fermarci qua, ma sapere che partiamo da un risultato positivo e ottenuto in breve tempo.
Entro il 2008 comunque si completerà la revisione del Piano e il percorso dovrà tenere conto dei dati monitorati costantemente in questi anni e delle criticità che si sono evidenziate; cerco di sintetizzarle: il Piano prevedeva una riduzione della produzione di rifiuti a partire dal 2003, invece il dato è in crescita e solo in parte possiamo attribuirlo all’aumento di popolazione. Occorre, secondo noi, che i Comuni e i gestori avviino politiche informative, potenzino i progetti di compostaggio domestico e, soprattutto, definiscano accordi con la grande distribuzione. E’ inoltre evidente che il dato sulla raccolta differenziata e, soprattutto, sulla percentuale di questa avviata al recupero, si differenzia da gestore a gestore; anche su questo aspetto occorre intervenire, soprattutto il previsione di una raccolta differenziata che dovrà aumentare fino a raggiungere il 60% attraverso il potenziamento delle isole ecologiche, dei progetti di porta a porta parziale.
Per sostenere l’incenerimento il governo Berlusconi aveva concesso l’intero contributo (certificati verdi) alla produzione di energia da rifiuti, in netto contrasto con le direttive europee. Questo contributo tende a rendere l’incenerimento competitivo rispetto alla raccolta differenziata e al riciclaggio, distorcendo le priorità di sostenibilità ambientale. I nostri parlamentari hanno già presentato una proposta di legge per eliminare questa direttiva e sono intervenuti in sede di Finanziaria; il ministro dell’ambiente sta operando perché vengano rispettati gli accordi del programma che prevedono appunto la soppressione di contributi che sottraggono alle vere fonti di energia pulita tutte le risorse ad esse destinate Ci auguriamo che all’interno del Centro Sinistra vengano a scomparire le resistenze in atto e si possano avviare politiche coerenti.
Le tariffe, infine, notoriamente tra le più alte della regione e con divari notevoli anche all’interno dello stesso territorio provinciale. Occorre che l’Agenzia di Ambito venga messa nelle condizioni di poterle determinare in modo omogeneo e che ad essa si affidi anche un’indagine che consenta di ottenere dati certi sulla percentuale di rifiuti prodotti dalle imprese e dalle utenze domestiche. Per evitare di continuare a caricare sulle famiglie costi che non necessariamente sono loro.

I Verdi sono l’unica forza politica presente in tutta Europa e nel resto del mondo con lo stesso nome e il medesimo programma, basato sulla sostenibilità ambientale e sociale, sulla pace, sulla difesa dei diritti. In Italia il nostro è l’unico simbolo che non ha subito negli anni variazioni di rilievo.
Con la consapevolezza di ciò che siamo, abbiamo scelto di avviare un percorso nella nostra regione che ci ha portato a fine gennaio all’assemblea regionale. Siamo così usciti dalla lunga fase di commissariamento del livello regionale, decisi a costruire, per la prima volta dopo tanto tempo, la reale unità dei Verdi dell’Emilia Romagna. Gabriella Meo, la nostra Presidente regionale è stata infatti eletta all’unanimità.
Non siamo interessati a processi di inclusione in altre formazioni politiche né a forme di aggregazione tese a far scomparire la nostra specificità all’interno di altri contenitori.
Dopo essere stati a lungo all’opposizione, da diversi anni condividiamo responsabilità di governo Regionale e in numerosi enti locali di questa regione compresi il Comune e la Provincia di Ferrara, i Comuni di Argenta e di Portomaggiore; abbiamo eletto consiglieri in tutte e 8 le circoscrizioni del Comune di Ferrara.

La nostra collocazione è nell’Unione. La nostra collocazione è a Sinistra, come recita anche il titolo di questo congresso, nel rispetto della tradizione ecologista, nel rispetto di quella terza via che tenta di delineare e praticare un diverso modello di sviluppo. E’ il contributo che ostinatamente, ma lealmente, cerchiamo di portare ogni giorno alla coalizione.
La mozione approvata a gennaio dall’assemblea dei Verdi dell’Emilia Romagna chiariva che abbiamo il compito di allargare il nostro consenso puntando ad un consenso diverso da quello che abbiamo sempre cercato e che ci ha in gran parte deluso. Come quello temporaneo e puntuale dei mille egoismi a difesa di un qualcosa rispetto a cui si perdono i confini del “generale”.
Siamo d’accordo. E’ la strada che da molto tempo, come Federazione provinciale dei Verdi di Ferrara, abbiamo scelto, coerentemente con gli impegni presi con le elettrici e gli elettori e contenuti nei dettagliati programmi presentati ad ogni consultazione. La condivisione del progetto, il confronto continuo, la profonda unità interna, la solidarietà reciproca…tutto questo ci ha permesso di mantenere coerenza in anni difficili. E di questo ringrazio davvero tutti i nostri iscritti e soprattutto i nostri amministratori, ad ogni livello.

Le priorità indicate anche in questa relazione sono poca cosa se confrontate con la necessità di preparare un percorso di pace in un mondo in guerra. In realtà è questa l’unica vera priorità, la più difficile da realizzare, quella che necessita di mille piccoli passi costanti. Al di là di Vicenza, siamo convinti che il Governo Prodi stia dando un contributo importante consentendo all’Italia di assumere un ruolo nei processi di pace. Occorrono però nuovi strumenti, quegli strumenti che già molti anni fa Alex Langer aveva proposto, a partire dai corpi di pace europei. Siamo orgogliosi di poter chiudere questa relazione ricordando che Provincia e Comune di Ferrara sono gli unici Enti Locali nel nostro Paese ad aver avviato un progetto, a Cipro, di ricomposizione non violenta dei conflitti. Anche così si contribuisce alla costruzione della pace.

About admin