Caro Tagliani, grazie per aver firmato il referendum dell’Idv.

lettera inviata alla stampa locale dal Comitato Acqua Pubblica.

Gentile redazione,
vorremmo pubblicamente ringraziare Tagliani per la scelta fatta.

Tagliani esce sulla stampa affermando che firma il referendum sull’acqua proposto dall’Idv, aggiungendo che lo fa perché il referendum “darà la possibilità alle amministrazioni di scegliere fra pubblico e privato”.
Tagliani, in questo modo, ci dà ragione quando affermiamo che il referendum dell’Idv è una presa in giro, in quanto non implica la ripubblicizzazione dell’acqua ma semplicemente ‘diluisce’ un po’ la durezza del decreto Ronchi.
Insomma, se un’amministrazione vorrà affidare ai privati potrà farlo senza problema alcuno.

Però il Sindaco esagera, volendo seguire sulla strada liberista un economista, preparato sul suo campo ma evidentemente non particolarmente ferrato in tema di servizi pubblici, quale è Marattin.
Nessuno dichiara che l’acqua sia gratis, ma la domanda corretta da porsi quando si parla di “rilevanza economica” (in senso giuridico, non economico!) è la seguente: nel gestire un servizio quale quello idrico integrato, che distribuisce un bene fondamentale –  l’acqua, appunto -, è giusto permettere che ci possa essere un profitto?
Vale a dire, è giusto far sottostare la gestione del servizio pubblico al criterio del “full recovery cost”, nonché dell’adeguata remunerazione del capitale investito?

Ebbene, la risposta che diamo noi è no.
Ed è no perché ammettere il principio di cui sopra, tipico di un sistema privatistico (vedi art. 2247 del codice civile sulle SpA) ed a cui sono interessate le società di capitali e non le aziende pubbliche, implica che o si aumentino le tariffe o si contengano i costi, riducendo la qualità e il costo del lavoro e/o riducendo la qualità del servizio e gli investimenti sulle reti.

E’ invece vero – al contrario di quanto affermano Marattin e Tagliani – che un servizio gestito dal pubblico anche se non è gratis (ma chi lo avrebbe mai affermato, poi!) possa però essere più “umano”, ad esempio attraverso un indirizzo delle assemblee elettive (un consiglio comunale) di non tagliare il servizio in caso di morosità incolpevole dell’utente, magari rimasto disoccupato a causa di una delle tante crisi aziendali.

Riguardo alle critiche alla gestione “in house”, ricordiamo al Sindaco che sta alle assemblee elettive dei Comuni, attraverso il controllo analogo, far sì che il servizio sia di qualità e le reti vengano curate.
Nella gestione affidata a privati, all’opposto, non vi è spazio per la partecipazione democratica, si delega tutto a delle SpA che sono vincolate da segreto aziendale (in modo particolare quando quotate in borsa). Il caso di Hera è emblematico: sebbene sia formalmente a maggioranza pubblica gli amministratori non riescono ad accedere alle informazioni e non partecipano ai processi decisionali.
Come se non bastasse un noto organo ‘rivoluzionario’ quale la Corte dei Conti, nel suo recente rapporto del 10 febbraio 2010, ha evidenziato come le privatizzazioni di questi ultimi anni (dai trasporti al servizio idrico integrato, per intenderci) non abbiano portato né un recupero di efficienza, né una riduzione dei costi, anzi le utilities privatizzate devono i loro profitti soprattutto all’aumento delle tariffe, ben più alte in Italia che nel resto d’Europa.

Come dire, caro Sindaco e caro Marattin, se pubblico non è automaticamente bello, privato implica una gestione non democratica, economicamente meno conveniente per chi dell’acqua ha bisogno e un servizio tendenzialmente peggiore.

Detto questo, meglio diffidare dalle imitazioni e firmare i referendum per la ripubblicizzazione dell’acqua, quelli del Forum nazionale!
Comitato promotore della campagna referendaria Acqua Pubblica di Ferrara

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