La privatizzazione e la cementificazione delle spiagge rischiano di uccidere il turismo e compromettere la gestione costiera

Con il decreto sviluppo varato giovedì e già impugnato dall’Unione Europea, il Governo, stabilendo un diritto di superficie della durata di 90 anni, ha di fatto deciso la svendita e la privatizzazione delle spiagge italiane. Non solo, la stessa natura del diritto di superficie, unita alla cosiddetta semplificazione burocratica, contenuta ne decreto,  apre la strada ad una ulteriore, inaudita cementificazione delle coste, che la Federazione nazionale dei Verdi ha stimato in dieci milioni di metri cubi di nuovo costruito, sia sui terreni delle concessioni, entro i 300 metri dalla battigia, sia in quelli limitrofi.
Se l’obiettivo doveva essere il rilancio del turismo, riteniamo che più cemento, prezzi inevitabilmente più alti, come denunciano le associazioni dei consumatori, e accessi al mare più difficili, non siano certo la strada giusta soprattutto nel nostro territorio, tra i maggiormente edificati in assoluto.
L’accoppiata privatizzazione-cementificazione renderà inoltre sempre più difficile una gestione delle zone costiere adeguata alla situazione che si sta determinando con il cambiamento climatico in atto. Rendere sempre più rigido il territorio costiero, riempiendolo di costruzioni permanenti, è infatti il contrario di ciò che dovrebbe essere fatto per difenderlo di fronte all’inasprimento dei fenomeni meteorologici e all’innalzamento del livello del mare (che va a sommarsi alla subsidenza in atto).
Per contrastare questo disegno riteniamo sia necessaria la presa di coscienza e la mobilitazione di chi crede che una dissennata attività edilizia abbia già prodotto troppi danni e che le prospettive, anche economiche, in particolare della nostra costa passino fondamentalmente per la tutela e il ripristino ambientale e per la qualità dell’offerta.
Verdi Per la Costituente Ecologista di Ferrara

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